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Lunedì 6 Maggio 2024 13:05

A Gaza per i 600mila bambini di Rafah «non c’è un posto sicuro»



Unicef: circa 65mila piccoli hanno una disabilità preesistente, 78mila hanno meno di 2 anni e circa 8mila sotto i 2 anni soffrono di malnutrizione acuta. «Rischi catastrofici»

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Nelle ore in cui è iniziata, almeno in parte, l’
evacuazione della parte orientale di Rafah
, nel sud della Striscia di Gaza, l’Unicef avverte che un assedio militare e un’incursione comporterebbero rischi catastrofici per i 600mila bambini attualmente rifugiati nell’enclave. La stima è che al momento ci siano circa 1,2 milioni di persone nella città, arrivate dopo gli ordini di evacuazione dell’ottobre scorso, che si sono aggiunte ai circa 250mila residente. Il risultato è che con le sue 20mila persone per km² Rafah è quasi due volte più densamente popolata di New York City (11.300 persone per km²) e circa la metà della popolazione è costituita da bambini, molti dei quali sono stati sfollati più volte e si rifugiano in tende o in alloggi informali e instabili.

A destare preoccupazione, oltre all’alta concentrazione di piccoli nella città – tra i quali molti estremamente vulnerabili – è la probabile intensità della violenza, con i potenziali corridoi di evacuazione probabilmente minati o disseminati di ordigni inesplosi e con i rifugi e i servizi nelle aree di trasferimento molto probabilmente limitati. Proprio per questo l’Unicef mette in guardia da un’ulteriore catastrofe per i bambini, con le operazioni militari che provocheranno un numero altissimo di vittime civili e la totale distruzione dei pochi servizi di base e infrastrutture rimanenti, di cui hanno bisogno per sopravvivere.

A spiegarlo è la direttrice generale Catherine Russell. «Oltre 200 giorni di guerra hanno conseguenze inimmaginabili sulle vite dei bambini – afferma -. Rafah adesso è una città di bambini, che non hanno un luogo sicuro in cui andare a Gaza. Se inizieranno le operazioni militari su larga scala, non solo i bambini saranno esposti a rischio di violenza, ma anche di caos e panico, in un momento in cui lo stato fisico e mentale è già debole». I piccoli infatti sono particolarmente vulnerabili ai devastanti impatti della guerra nella Striscia di Gaza, evidenziano dall’Unicef. «Sono uccisi e feriti in modo sproporzionato e soffrono in modo più acuto per le interruzioni dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione e per la mancanza di accesso a cibo e acqua sufficienti. Secondo le ultime stime del ministero della Sanità palestinese – ricordano -, più di 14mila bambini sarebbero stati uccisi nel conflitto in corso».

Tra quelli attualmente presenti a Rafah, si stima che centinaia di migliaia abbiano una disabilità, condizioni mediche o altre vulnerabilità che li espongono ancora più a rischio a causa delle incombenti operazioni militari in città. Nel dettaglio, «circa 65mila bambini si stima abbiano una disabilità preesistente, comprese difficoltà a vedere, ascoltare, camminare, comprendere e imparare; circa 78mila hanno meno di 2 anni; almeno 8mila piccoli sotto i 2 anni soffrono di malnutrizione acuta; circa 175mila bambini sotto i 5 anni – ovvero 9 su 10 – sono colpiti da una o più malattie infettive; quasi la metà dei bambini hanno bisogno di supporto per la salute mentale e sostegno psicosociale», sono i dati fornite dal Fondo Onu per l’infanzia.

Molte di queste vulnerabilità poi non si escludono a vicenda, il che significa che lo stesso bambino potrebbe essere sia ferito che malato, o malnutrito e neonato. «Centinaia di migliaia di bambini che sono adesso a Rafah sono feriti, malati, malnutriti, traumatizzati o vivono con una disabilità – sono ancora le parole di Russell -. Molti sono stati sfollati diverse volte e hanno perso case, genitori e cari. Hanno bisogno di essere protetti insieme ai servizi rimanenti da cui dipendono, comprese strutture mediche e rifugi».

L’Unicef ribadisce quindi l’appello del Comitato permanente interagenzie affinché Israele «adempia al suo obbligo legale, in base al diritto internazionale umanitario e ai diritti umani, di fornire cibo e forniture mediche e di facilitare le operazioni di aiuto, e affinché i leader mondiali impediscano che si verifichi una catastrofe ancora peggiore».

6 maggio 2024

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